Selfie selfie delle mie brame, chi è la più bella del reame?
D’accordo, ho nostalgia del platino.
Riprendo questo articolo di due anni e mezzo fa perchè, accidenti, quando l’ho scritto forse non mi rendevo bene conto del meraviglioso e irripetibile colore di capelli (foto copertina) che avevo!
Ma, rimanendo sul vanesio, riprendo l’argomento selfie anche perchè, ora più che mai, il concetto di desiderabilità sociale è imprescindibile.
Sembrava un pò sceso il numero esorbitante di selfie al giorno (93 milioni, cioè oltre 1000 al secondo) che l’ANSA dichiarava nel 2014. Invece no.
Nell’ultimo anno, complice la pandemia, dunque la quantità maggiore di tempo che passiamo a casa e l’utilizzo smodato dei social come quasi unico canale di comunicazione, pare ci sia una ripresa dei selfie. Anzi, le mascherine facciali che portiamo quotidianamente danno una nuova immagine di noi stessi, un nuovo stimolante slancio all’autoscatto.
Sì, numerosi studi evidenziano come l’abuso del selfie sia correlato al disturbo narcisistico di personalità, ma in generale il bisogno di attirare l’interesse e l’attenzione degli altri definisce un pò tutti.
Sappiamo che il nostro sé prende corpo solo attraverso il riconoscimento dell’altro. Ebbene, oggi il processo di autoconsapevolezza pare si fondi essenzialmente sullo sguardo dell’altro.
Videor ergo sum, esisto in quanto vengo osservato da qualcuno. Cioè esisto perché qualcuno mi guarda, o meglio, guarda il mio selfie. Ma, soprattutto, decido io cosa mostrare di me, quale immagine consegnare agli altri. Scelgo di proporre una determinata autorappresentazione, un preciso aspetto della mia soggettività, che definisca ciò che sono o ciò che vorrei diventare.
Selfie come autocelebrazione
Quindi ecco che il selfie è il primo atto che ci consente di creare la nostra immagine digitale, rendendola immediatamente visibile agli altri attraverso il potere comunicativo dei social media. La gestione del nostro io diffuso e della specifica impressione che suscitiamo negli altri è (scusate il gioco di parole) impressionante!
Il modo di pensare e scattare le foto è completamente cambiato: non fotografiamo più i misteri del mondo intorno a noi, ma fotografiamo con precisione certosina noi stessi nel mondo. L’egocentrismo è all’ennesima potenza.
Non c’è margine per l’inaspettato, tutto è previsto: noi al centro, tutto il resto è sfondo. Stiamo capovolgendo la prospettiva della fotografia d’arte.
A questo proposito, ricordo, affranta, il grande fotografo Giovanni Gastel, scomparso proprio in questi giorni per covid:
Quella di Gastel è sempre stata principalmente un’indagine curiosa sul mondo, sulle situazioni, sulla moda, che coincideva solo poi con una incessante indagine su sé stesso. Riguardo la sua dimensione poetica e narrativa affermava infatti:
‘È tutto. Ma si tratta sempre di un racconto che mi riguarda. Le mie foto sono messaggi in bottiglia: chi vuole leggerli, ne trarrà le conseguenze’.
‘Non ho lezioni da dare. O forse sì, ma non mi sento un docente. Anche perché io stesso non so il risultato finale del mio lavoro. C’è una dimensione di sorpresa che riservo anche a me stesso’.
22 giugno 2018
Ogni volta che sto per farmi un selfie penso: ‘Che faccia faccio adesso?’ Penso sempre a una posa nuova; insomma, mi piace variare, provocare e far intendere o alludere a qualcosa di particolare.
Diversi sono la maggior parte dei più di 90 milioni di autoscatti postati ogni giorno sui social (1000 selfie al secondo soltanto su Instagram), dove le foto sono fatte di specchi rivolti verso se stessi. I volti spariscono, o meglio, si assomigliano tutti.
Proprio nell’epoca in cui fare e condividere immagini di sé è ormai il linguaggio e la letteratura della nuova e giovane popolazione urbana del mondo, il proprio volto fa parte di un unico grande volto che assomiglia sempre a sé stesso. Il coro di immagini continue circolanti nel web è intonatissimo, all’unisono.
A centocinquantanni dall’invenzione della fotografia e della relativa democratizzazione del ritratto, oggi siamo talmente abituati a scegliere una posa e calcolarne la riuscita da aver tolto ogni spazio alla spontaneità, all’immediatezza di una fisionomia sorpresa e catturata in un attimo.
Selfie, ovvero angolazione giusta, luminosità perfetta, filtro valorizzante
Ormai è una gara di tutti contro tutti per decretare chi abbia il profilo social più bello e più cliccato. Ne parlavo qualche articolo fa, ora la situazione è sotto gli occhi di tutti e anche le celebrities non sono immuni alla tendenza:
Mai come in questi anni che idolatrano i volti, è così immensa la possibilità di editarsi, cancellare, modificare e trasfigurare. Sappiamo perfettamente che filtri usare, l’angolazione migliore, quali parti del volto lasciare in ombra. E’ tutta una gestione accurata dell’impressione che si vuole dare.
Avere il controllo della propria immagine fa sentire bene, perchè la scegliamo noi. Questo è il nuovo statuto dell’autoesposizione: la posa, sottoposta alla rigida autocensura permessa dalle opzioni dello smartphone, è pura conoscenza di sé. Fotografandoci continuamente prendiamo appunti su noi stessi, capiamo chi siamo e come vogliamo posizionarci tatticamente nel mondo.
Ma gli effetti cagnolino, coniglietto, hawaiana ci permettono, sì, di salvaguardarci scherzando, ma anche di nasconderci. Sono strategie per imporsi ma non esporsi, lanciarsi e proteggersi, generate dall’assimilazione di atteggiamenti preesistenti che annullano le differenze. Questo limita la vocalità facciale a minime e prevedibili intenzioni. Stiamo assistendo a un addio al volto, a una pinacoteca di fissità strategiche e costantemente sotto controllo.
Nessuno sembra più voler sfogliare il vocabolario di segni che il volto umano è in grado di esprimere. Ogni selfie non è altro che uno strumento di gestione dell’impressione, appunto, dedicato a congelare l’idea che gli altri hanno di noi stessi.
L’eccesso di intenzione crea una monocultura espressiva
Nel mercato dei lavori commerciali infatti quello che va per la maggiore oggi sono sempre gli stessi volti: freschi, positivi, non problematizzanti. Non a caso le modelle più giovani (ma non solo) sono incredibilmente allenate ad aderire subito allo stereotipo richiesto.
Ricordo i tempi in cui il soggetto veniva sorpreso, rubato, reso evidente, ma allo stesso tempo ambiguo, come in questa foto di Alec Soth intitolata Mary, Milwaukee, WI:
Date un occhio alle foto della mostra In focus: Expressions.
Per secoli il volto è stato il codice d’accesso alle emozioni. Era un mistero. Adesso è uno svelamento artefatto, cioè una simulazione drammaturgica.
Vi lascio a riflettere sulla frase di Nadav Kander, importante ritrattista contemporaneo, che sostiene:
‘I selfie sono autoscatti, ma non necessariamente ritratti, sono soliloqui cui mancano le due parti fondamentali della relazione: quella con l’artista che scatta e col terzo che vedrà’.
A presto, cheese!
(D. B.)
in effetti ogni volta che devo scattarmi un selfie è un problema, non so mai che espressione assumere, mi sembrano sempre artefatte, invece mi piacciono le foto che vengono scattate all’improvviso che sono vere e naturali- A volte per farsi un bel selfie si eccede con pessimi risultati
Io sarò anomala ma non faccio Selfie, non ho foto miei personali su nessn social. Non so perché ma non ho mai provato alcun gusto o senso a fotografarmi la mattina e poi scrivere cose tipo buongiono mondo o io al naturale ecc… certofaccio le foto con amici, parenti ma sono mie e basta, e infondo al mondo che gli importa di cosa o dove vado io?
Non scatto tantissimi selfie, anche perché a volte non so in che posa mettermi e ancora dopo aver fatto la foto, cosa scrivere o se scrivere qualcosa.
Sinceramente con tutti questi lockdown, non ho ricominciato a fare i selfie…ho paura che si veda la mia stanchezza e ultimamente anche una certa demoralizzazione…preferisco farli all’aria aperta, resto in attesa!
Non sono mai stata persona da selfie, non mi sono mai piaciuti: alla fine, mi vedo tutte le mattine allo specchio, direi che basti e avanzi XD
In compenso ho sempre preferito fare foto ai luoghi che visitavo, è sempre stata una attività più divertente e che, ancora oggi, continuo a svolgere!
Complimenti per l’articolo, l’ho trovato molto interessante!
Grazie Chiara
Ormai i selfie fanno parte della mia generazione e ammetto che mi piace farli, anche se non so mai che posa assumere. Peró, preferisco le foto fatte di sorpresa, magari di nascosto, quando non me ne accorgo e sono più naturale!
Esatto, immagini più autentiche e molto più divertenti, tra l’altro.
Non ho mai scattato tantissimi selfie, poi ogni tanto mi prede il guizzo e cambio l’immagine di profilo a tutti i social.
Per mia natura sono abbastanza riservata e non amo molto mostrarmi. I selfie quindi sono un problema anche perché non sempre noto corrispondenza tra ciò che appare in foto e ciò che è in me, indipendentemente dai filtri. Credo infatti che lo stato d’animo possa influire molto sul selfie stesso.
Maria Domenica
È questo il bello della fotografia, la sorpresa, che suscita in primis a te stessa. La fotografia può far scoprire parti di te sconosciute e inconsapevoli. È uno strumento per conoscersi, per portare a galla qualcosa che non sospettavamo esistesse. È tutto vero quello che emerge, ma non lo sapevi.
La fotografia mi piace tantissimo e mi piace altrettanto farmi fotografare. Ma non ho mai amato in particolar modo i selfie…l’idea di una foto così da vicino mi spaventa un po’…
Ahah, no dai, spaventarti per un primo piano no!
Apprezzo il tuo stile comunque, quasi sempre di spalle e immersa e comunicante con il paesaggio, vero protagonista.
scusa… ho paura di spaventare gli altri! Col nasone che mi ritrovo!!! :DDDD
Meglio un bel paesaggio ed io che gioco il ruolo di semplice comparsa in questo grande e bel mondo!
Ho sempre problemi a farmi i selfie forse non sono abbastanza vanesia per sapermeli fare, in 6 anni me avrò fatti forse 4…
Complimenti per l’articolo, innanzitutto. Amo la fotografia ma ritraggo praticamente solo paesaggi, perché sono quelli il mio soggetto preferito. Quanto al selfie in effetti c’è uno studio per renderlo impeccabile però stiamo perdendo la spontaneità come sostieni anche tu. Quanto a Gastel abbiamo perso una grande persona oltre che un grande fotografo…
Grazie Sabina, anche per aver condiviso un pensiero su Gastel.
Un paio di mesi fa cercavo nella memoria dello smartphone un mio selfie per cambiare una mia foto profilo… Non ti dico che fatica ho fatto! Scatto pochissimi selfie, trovo questa pratica troppo vanesia. A meno che non si tratti di selfie con amiche e figlie per ricordare momenti felici…
a me, personalmente, non manda in fissa. anzi dimentico sempre di farne qualcuno
Credo di essere tra le poche che si scatta dei selfie, non molti non li amo, ma alla fine li cancello e non ne tengo nemmeno uno. Amo le foto più strutturate e se del viso deve essere preferisco un portrait ben scattato!
Nata, come fotografa, con la reflex, non mi sono mai completamente adattata al mondo dei selfie, che continuo a chiamare autoscatti, e che continuo a non amare. Preferisco stare sempre dall’altra parte dell’obiettivo… per me, quella davvero artistica!
Pochi selfie ma che durano una vita praticamente. L’articolo è molto interessante, grazie.
I migliori selfie sono quelli non fatti, avrò si e no due o tre foto di me sui social, non mi piacciono, penso che le cancellerò tutte. Adoro le foto professionali questo si, quando un fotografo sa catturare l’anima di un paesaggio o di una persona, li la fotografia diventa arte, l’auto promozione a mezzo di selfie bisogna saperla fare altrimenti risulterà tutto finto, infatti più che i selfie adoro quando c’è il si vede e non si vede, quando ci si nasconde dietro ad un’inquadratura fatta bene, con una foto che fa riflettere.
Esatto, l’esplicito e ipercontrollato è poco interessante.
Bell’articolo e bella l’idea di riprendere in corsa un argomento così da vederne l’evoluzione. Non sono un amante dei selfie, sarà che non ho questa grande considerazione della mia figura. Però sì, penso che per certi versi sia un’autocelebrazione anche alla luce del tempo che ci si impiega a renderlo il più appetibile e soddisfacente possibile. D’altronde sono davvero in pochi quelli che scattano una foto più per un piacere di condivisione che per ricevere qualche feedback. Non li denigro, ne capisco il fascino. Ma, ecco, non fanno per me.
Partendo dalla frase che il modo di pensare e scattare delle foto è completamente cambiato ,con cui mi ritrovo molto d’accordo …non son una grandissima fan dei selfie ogni tanto qualche scatto mi viene bene altri meno ma non ne sono patita …però capisco che per tanti sono importanti .
Non sono un amante dei selfie, ma posso capire che per molte persone sia importante scattare delle foto perfette di se stessi, che in qualche modo aumenti l’autostima.
Io non lo ho mai amato come genere di foto. Anche se in realtà ogni tanto lo metto un selfie nei miei account social. A me sembra troppo autocelebrativo. Preferisco allora un primo piano alla americana, lascia secondo me una maggore libertà di espressione.
Credo che la società attuale sia improntata sull’argomento immagine e spesso ancje involontariamente ne veniamo coinvolti e ci ” adattiamo” a quello che viviamo
Molto interessante questa riflessione. Credo che l’ accadimento pandemico rimescoli le carte
Anche in tema selfie. Sto guardando bacheche di selfie algidi o improbabilmente inespressivi virare a paesaggi aperti senza un focus umano. Ecco…il nostro rapporto edonistico con la nostra immagine può lasciare il passo ad altro? Staremo ad osservare