Bones and All, ho bisogno di parlarne ancora.
Con buona pace dei detrattori, ritengo che l’ultimo affascinante, complesso e stratificato film di Luca Guadagnino meriti almeno un altro articolo.
C’ho messo un certo impegno a dirvi la mia dopo aver visto Bones and All in anteprima al Festival del Cinema di Venezia. Le parole faticavano ad uscire, non erano ancora del tutto pronte e consapevoli.
Anche ora, anche dopo la terza visione, una strana sensazione negativa sulla scelta del tema dell’antropofagia, proprio ora, proprio in questo momento storico, rimane. Un brutto presentimento purtroppo è inchiodato nel mio cervello.
Allo stesso tempo però, ogni giorno elaboro nuove e benefiche sfumature e persuasioni.
Come è successo con Chiamami col tuo nome, trovo che la necessità di metabolizzare ciò che si è visto, insomma l’impellenza di parlarne per comprendere, sia una bellissima opportunità di indagine su noi stessi.
Quando qualcosa cattura visceralmente è inevitabile accoglierla e assecondarla.
Vietato fuggire, non c’è gore che tenga!
I due tormentati protagonisti, magnificamente interpretati da Taylor Russel e Timothée Chalamet, catturano come magneti, sono raccapriccianti e feroci, ma affascinanti.
Questa brutale storia d’amore entra sotto pelle.
Un film così non può passare inosservato. La sua ricchezza tematica fa sì che possa essere analizzato a lungo alla ricerca di significati più profondi. Il cinema che scatena la riflessione è sempre cosa buona.
E poi voglio assolutamente parlare dei costumi!
Anzi, partiamo proprio da questo, del meraviglioso lavoro sui costumi di scena, i quali rivelano sempre molto altro.
I costumi di Bones and All
Lo sapete, adoro Luca Guadagnino. Adoro il suo senso estetico e il suo modo di fare cinema. Nei suoi film è palpabile l’amore del regista per i suoi protagonisti, per le sue musiche e per i suoi costumi.
Qualche articolo fa scrissi che è l’unico uomo che vorrei essere. Ecco, vorrei proprio essere lui per godere così delle cose che più ama (che poi son le stesse che amo io), dei personaggi (e anche degli attori, obviously!), delle loro emozioni e dei loro vestiti.
Come Chiamami col tuo nome, anche Bones and All è ambientato negli anni ’80 (il primo esattamente nell’estate del 1983). Ma, fateci caso, qui i costumi di Taylor Russel e Timothée Chalamet non sono in linea con il periodo.
Niente polo, forme squadrate, colori vivaci. Niente di tutto questo, gli abiti di Maren e Lee sono già grunge!
Fantastico! I due amanti sventurati sono in tutto e per tutto veri outsider. Non si attengono ai codici del momento, ma prefigurano lo stravolgimento nella moda, ispirato dai Nirvana di Kurt Cobain, dei primi anni ’90.
I loro look infatti sono sperimentali e lungimiranti. Entrambi sono sdruciti: lui è più intrigante, androgino e post punk, lei è più basic e neutra.
Il lavoro di Giulia Piersanti, fidatissima costumista di Guadagnino, è formidabile.
Io poi adoro in particolar modo la camicia western marrone, con fiorellini e frange color champagne, che Chalamet indossa (manco a dirlo, divinamente!) nelle prime scene.
(Ricordate il suo outfit casual ‘da concerto’ per la conferenza stampa al Festival di Venezia? Niente è a caso, andatelo a rivedere!)
L’intensità emotiva del grunge
Tanto i jeans larghi e strappati di Lee, quanto la giacca da campo oversize di Maren esprimono davvero il logorio della vita di strada, quella ‘sciatteria’ che, però, è anche senso di ribellione, ironia e giovinezza.
Non trovate irresistibili, per quanto spaventosi, una canotta a coste macchiata, sotto una camicia aperta, o un abito sgualcito e sporco, che si fonde intimamente con il paesaggio?
Non sentite anche voi nostalgia e tenerezza? Disperazione e romanticismo?
Il genere grunge è uno stato d’animo. In Bones and All non ci sono ancora i Nirvana, ma ci sono i Joy Division e i New Order: due momenti di pura new wave illuminano la stupenda colonna sonora, curata da Trent Reznor e Atticus Ross .
Cosa desiderare di più da un film? (Chalamet che balla i Kiss, of course! Qui il sexy video della scena)
Bones and All, romanticismo disarmante
L’estetica più povera e la fuga dal lusso degli anni ’80 sono una maniera di esternare l’angoscia, la disillusione e il disagio opprimente. Ma anche un certo sentimentalismo.
Per Guadagnino tutti i film horror sono film teneri. E questo lo è, assolutamente, perchè parla della disperata necessità di essere riconosciuti per chi si è. Parla di amore, come se fosse l’ultimo sentimento possibile, prima di morire, e del dolore necessario per raggiungerlo.
La moda illustra sempre la condizione di chi la indossa. In Bones and All l’instabilità dei personaggi, la pericolosità percepita, sia all’esterno – che li rifiuta – che all’interno di loro stessi, si riflette sul loro modo di vestire.
Gli abiti floreali di Maren, sottili, fluttuanti e dai colori attenuati, evocano innocenza, purezza e sessualità inconsapevole.
Le camicie di Lee invece, probabili abiti femminili accorciati e aggiustati, appunto, a camicia, vogliono esprimere più precisamente la sua personalità fuggiasca e creativa.
A questo proposito il nostro Chalamet preferito dichiara:
‘Ho interpretato la condizione di Lee e Maren come una chiara metafora della diversità, del trauma infantile, della vergogna, delle dipendenze, di tutti quei demoni che le persone si trascinano dietro e che non riescono a scrollarsi di dosso.
Per poter gestire tutto questo Lee si è creato una sorta di fragilissima corazza. Si tinge i capelli, si veste in un certo modo, si atteggia da figo, fiero di essere un outsider, e cerca di aggirare il sistema a suo modo, eppure, tutto ciò si rivela estremamente precario’.
Insomma, anche qui, come nei bellissimi We Are Who We Are e Suspiria, i temi estetici della Piersanti sono interessantissimi e stilosissimi.
Il favoloso mondo di Luca
Solo un accenno veloce invece a Jonathan Anderson, il costumista del prossimo atteso lavoro di Guadagnino, giusto perchè il fantastico trio si è palesato l’altro giorno alla sua sfilata alla Paris Fashion Week AI 2023-24.
In Challengers, incentrato sul mondo del tennis, i costumi, tra gli altri, di Zendaya e Josh O’Connor (guardate quest’ultimo in La terra di Dio!), sono del direttore creativo nord-irlandese del brand spagnolo Loewe.
Avremo sicuramente modo di parlare di Challengers: l’uscita in Italia è prevista per l’estate (l’unica data certa è l’11 agosto per le sale americane).
Ultima cosa, l’avete vista la figaggine di Guadagnino fotografato da Juergen Teller nella campagna della pre-collezione PE 2023 Chinese Monochrome proprio di Loewe?
Torniamo a Bones and All e al mio primo stordimento totale, perciò bellissimo:
‘Cosa cavolo ho visto?‘
Ho visto un capolavoro, confido, non strumentalizzato.
Se, come dicevo, c’è una parte di me che annusa una certa propaganda, non comprendendo fino in fondo perchè ci si sia voluti spingere proprio fino al cannibalismo per esprimere certe atmosfere, ce n’è un’altra che forse si è data una riappacificante interpretazione.
In ogni caso, proprio il fatto che uno dei miei registi preferiti scateni problematicità di questo tipo (e non certo, banalmente, perchè fa un film di genere) è motivo di gratitudine.
Passaggi e paesaggi epici
I passaggi e i progressi in itinere sono molteplici. Esattamente come la scalcagnata storia d’amore raccontata, le sensazioni che procura la visione di Bones and All vanno dalla dolcezza sublime a quella oscura e inquietante.
Alla prima visione non riuscivo ad incanalare nella giusta direzione il disagio e il rimescolamento allo stomaco dovuti all’evocazione di certe situazioni gravi e assurde vissute nel nostro periodo recente e indicative probabilmente del nostro prossimo futuro.
Accidenti a te Luca, lo sai o non lo sai che l’ultima frontiera del pedosatanismo comprende il cannibalismo?
Riconosco quello che molti, compreso il regista stesso, hanno già rilevato, cioè che il film tratta l’esplorazione metaforica del dark side di ognuno di noi e la sua accettazione. Ma ho in testa altre due letture sottotesto invertite e sinistre.
Da un lato fiuto (come un cannibale?) il fetore familiare dell’ingiusta esclusione dalla società dei cosiddetti disertori che si rifiutano di accettare regole innaturali e insensate: il cannibalismo criminale metaforico nei confronti delle minoranze, dei non allineati.
Dall’altro, e qui spero veramente di sbagliarmi, fiuto anche il tentativo condizionante di far accettare una pratica innaturale e ingiusta: il cannibalismo criminale reale sdoganato.
Da una parte quindi temo la creazione metaforica di cosiddetti nuovi mostri che la società degli integrati leggerà come minaccia e farà reprimere o sopprimere.
Dall’altra, al contrario, temo la creazione reale di veri mostri che la società degli integrati leggerà come accettabile, normale e necessaria.
Destino e tragedia greca in Bones and All
Chi sono allora i cannibali? Sono semplicemente i disadattati? O è metaforicamente l’attuale società che divora i non allineati? O invece saremo realmente noi perchè il sistema ce lo impone?
Come convivere con questi presentimenti? Come non riconoscersi in un mondo determinato a rifiutarti e ad andare oltre ogni limite umano?
Il punto è: cos’è giusto e cos’è sbagliato?
Il dramma shakespeariano, il dionisiaco nietzschiano o addirittura la tragedia greca ci vengono in soccorso e qui ho l’intuizione riparatrice.
Possiamo decidere di attenerci al fatto che cibarsi di carne e sangue umani sia da sempre una metafora religiosa e letteraria. Ricordiamo il desiderio di carne, lacerazione e dolore che i greci ci hanno cantato tanto bene, ad esempio, attraverso le Baccanti che sbranano Penteo.
Possiamo pensare allora al cannibalismo subìto come destino ineluttabile. Anche qui il destino si compie: il sacrificio materno salva Maren, mentre Lee, come Edipo, uccide il padre.
E ancora, possiamo pensare che il loro amore sia un atto sanguinario disinteressato, una forma di resa al loro destino.
Possiamo pensare che in diversi modi siamo tutti ‘cannibali’. E che solo chi è in grado di amare diventa consapevole di esserlo.
Bones and All allora non ottenebra ma informa: la predisposizione all’amore diventa conoscenza e non c’è conoscenza senza dolore.
E questo, detto tra noi, è anche l’unico modo che ci fa accettare la disgraziata morte del bel Lee!
(D. B.)
Avevo sentito parlare di Bones and All e della sua intricata trama. Il cannibalismo come tema strumentale ad una visione metaforica del reale come luogo in cui l’uno fagocita l’altro sicuramente non può non far riflettere ed indurci ad indagare i meandri più profondi dell’animo umano. Mi hai incuriosita.
Maria Domenica
Non ho mai sentito parlare di questo film e dalla tua descrizione si direbbe davvero interessante. Quindi non vedo l’ora che possa uscire in sala per godere anch’io di questa trama così coinvolgente
Un altro di quei film di cui ho sentito solo parlare e che mi hanno incuriosito e convinto grazie alla tua eccellente recensione, grazie!
Non è proprio una recensione, infatti manca qualche elemento fondamentale, tipo un minimo di trama 😀
Sono solo delle idee libere in movimento. Grazie a te!
Non mi resta che guardare il film è farmi un’idea di tutto quello di cui hai parlato tu.
Non ho visto il film, cosa che invece farà sicuramente mio marito quindi dal punto di vista cinematografico non posso esprimermi (temo di non sopportarlo dal punto di vista psicologico) Per quanto riguarda l’abbigliamento invece posso affermare che il grunge è comunque sempre in auge!
La frase finale che hai dato all’articolo secondo me non può essere che vera. Non ho visto il film. Non amo molto questo genere, ma gli abiti sono davvero belli.
Sii, perché Lee doveva morire? Intollerabile!
Ne ho sentito parlare tantissimo, ho visto anche l’intervista da Fazio e sono molta curiosa di vedere il film!
Snobbato anni fa dai critici e dai distributori che vedevano in lui un falso intellettuale, ha conquistato il pubblico già dal suo primo film!
Non proprio dal primo (e neanche dal secondo).
Nel mio caso dal terzo, l’affascinante ‘Io sono l’amore’.
Non ho visto il film ma sicuramente adesso ho curiosità di farlo Grazie per la tua eccellente recensione come sempre
Ho iniziato a leggere il tuo articolo con un vago senso di inquietudine per il tema cannibalismo eppure, più leggevo, più mi appassionavo sentendo cambiare quella sensazione in qualcosa che adesso ho la necessità di analizzare. So che ne tirerò fuori un pippone che qualcuno dovrà sorbirsi maledicendomi 🙂
Naaa, cosa dici? A me mi pregano. Di smettere, ahahahaa
Non l’ho visto, però mi hai incuriosita, lo metto in lista
Il film lo trovo ancora al cinema da vedere? Oppure lo trovo su qualche streaming? Ora lo voglio vedere!
Ciao Anna, qualche sala potrebbe darlo ancora, controlla. Altrimenti attendiamo il dvd e/o lo streaming.
Ciao non conoscevo il film che sembra comunque un poco spaventoso, addirittura il cannibalismo ma sei stata brava ad analizzarlo
Non ho ancora avuto l’occasione di vedere questo film ma leggendo tutto l’articolo devo dire che mi hai creato molta curiosità ed interesse… la trama mi intriga.. perciò lo vedrò al più presto!
Non avevo mai sentito questo film e ora cavoli lo devo assolutamente vedere! Mi sembra interessante e molto intrigante, chissà se lo trovo in streaming. Grazie per la segnalazione!
Il loro riconoscersi e accettarsi è un’evidente metafora dei problemi di emarginazione e accettazione sociale di chi è, o viene considerato “diverso”,
Non avevo mai sentito parlare di questo film,ma da come è stata descritta la trama sembra davvero molto interessante
Niente da dire: se un film riesce ad ispirarti così tanto e così intensamente, non posso proprio perdermelo!! ps.complimenti, adoro la tua espressività!!
❤️
Bravissimo attore, l’ho visto in alcuni film e ora devo vedere anche questo perché mi incuriosisce!
Ho amato tantissimo “Chiamami con il tuo nome” in cui la rivoluzione era la verità del sentimento, ancora non ho visto “Bones and all”, ma sono affascinata dal cannibalismo visto come metafora della solitudine.
Eh, stavolta Guadagnino non la tocca per niente piano.
Cosa aspetti a vederlo!
Penso che sarà difficile trovarlo ancora in qualche sala… aspetterò che lo trasmettano in tv o su qualche servizio in abbonamento tipo Prime o Netflix